I nostri centri urbani e le grandi arterie di comunicazione stanno conoscendo in questi ultimi anni una rivoluzione relativamente silenziosa: il progressivo estendersi dei sistemi di sorveglianza basati su telecamere a circuito chiuso (CCTV).
In generale, le forze di Polizia (di Stato o Municipali) non possono (o non riescono) a presidiare efficacemente tutto il territorio di loro competenza, sia per il controllo del traffico che per la tutela della sicurezza. Essenzialmente, il problema è da ricondurre alla cronica mancanza di risorse (umane e finanziarie) da destinare alle cosiddette attività di prevenzione. Si potrebbe argomentare che i sistemi CCTV siano destinati ad aumentare la "produttività" delle forze di Polizia, ma sembra che in realtà servano a tappare le falle in termini di presidio fisico del territorio.
Alla videosorveglianza ormai si ricorre in tutti i paesi industrializzati, grazie anche allo sviluppo notevole impresso al settore dalle innovazioni tecnologiche, essenzialmente concentrate nella 1) facile integrazione di sistemi di ripresa ottica (sempre più miniaturizzati e potenti) con le 2) reti dedicate alla raccolta delle immagini (su cavo, fibra ottica o wireless), sempre più basate sul protocollo IP, cuore e cervello di Internet, 3) ed i sistemi di analisi delle immagini, dal controllo delle targhe delle auto fino ai raffinati sistemi "bio-metrici". L'adozione di queste misure desta preoccupazioni per le implicazioni sulla privacy di tutti noi, fino a far affermare a molti di essere in presenza di un pericoloso Grande Fratello, in grado di minacciare le nostre libertà.
E' veramente così?
Per chi come noi si occupa di tecnologia da almeno 25 anni,
l'annuncio dell'avvento di un ennesimo Grande Fratello non crea particolari allarmismi.
Molti ne sono stati annunciati in passato, nessuno di questi si è poi
rivelato essere tale.
Oggi, però, siamo in presenza di un processo diverso.
In passato le minacce provenivano di volta in volta da una nuova
tecnologia, applicata ad un ambito molto specifico e isolato,
immediatamente sopravvalutata e poi ridimensionata. Ora stiamo
osservando la rapidissima convergenza tra tecnologie dell'industria
multimediale, delle telecomunicazioni, della nuova frontiera dei
software per i controlli "bio-metrici" nel settore della sicurezza, in
una serie di sistemi molto efficaci, caratterizzati ormai da costi
competitivi verso la risorsa umana, sia egli un vigile urbano o un
poliziotto di quartiere.
Alla rapidità della convergenza tecnologica
corrisponde una lenta e inadeguata evoluzione del diritto che tutela la
privacy del cittadino e delle istituzioni che sovrintendono a garanzia
di questa tutela. Per contro, la domanda di soluzioni efficaci contro
la criminalità si manifesta nel consenso molto elevato che i cittadini
esprimono verso i sistemi CCTV: basta leggere nel link qui sotto la
storia riguardante la città di New Orleans.
In Italia, il Garante per la Privacy, si è occupato della questione nell'aprile 2004 con un primo provvedimento di carattere generale, che non pare particolarmente incisivo, ma al momento è la massima espressione delle istituzioni italiane sulla questione.
Negli altri paesi il dibattito ha sfiorato spesso accenti un pò isterici e catastrofici: la preoccupazione per le libertà personali - indubbiamente fondate - si innestano sulla necessità di accrescere le misure di sicurezza dopo l'11 settembre 2001, sia a livello di protezione e sorveglianza degli accessi, sia a livello di sicurezza metropolitana. La bagarre avviata da alcuni movimenti libertari ha assunto i toni della protesta tecno-luddista, attraverso una certa esasperazione degli argomenti negativi a sfavore dei sistemi di videosorveglianza.
Il difficile equilibrio tra preoccupazione e paranoia sarà la condizione nella quale dovremo adattarci a convivere: come sempre gli strumenti tecnologici non hanno anima o sentimenti, i cattivi utilizzi sono pertinenti ad abusi ed eccessi dell'azione umana, magari in contesti non regolamentati e, soprattutto, mal sorvegliati dagli organismi di tutela. Se il problema sta nel "chi controlla i controllori", non potrebbe essere interessante ampliare al massimo l'accesso alle informazioni potenzialmente lesive della propria privacy, consentendo, ad esempio, a ciascuno di noi di poter accedere ad un database con le informazioni sul nostro conto?
Ecco alcune fonti che hanno ispirato questo intervento:
Articolo di Punto Informatico sulla città di New Orleans:
http://punto-informatico.it/p.asp?i=51437
e sui pronunciamenti del Garante per la Privacy:
http://punto-informatico.it/p.asp?i=48308Qui il provvedimento generale sulla videosorveglianza:
http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1003482La pagina di ACLU (American Civil Liberties Union) su Privacy e Tecnologia:
http://www.aclu.org/Privacy/PrivacyMain.cfmMovimento per la distruzione delle telecamere:
http://www.rtmark.com/cctv/
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