Dopo l'annuncio che l'economia italiana è tecnicamente in recessione, confermato anche oggi dall'OCSE, si sta intensificando l'attenzione dei media sulle cause e i rimedi a questo difficile momento economico.
Mi ha molto colpito il breve editoriale dell'economista Geminello Alvi sul Corriere Economia di ieri, 23 maggio (qui sotto trovate una mia scansione in PDF). Titolo: "Premiare il lavoro non i patrimoni".
Alvi ci informa che nel periodo 1990-2003 il reddito netto disponibile delle famiglie italiane è cresciuto del 3,5% (in termini reali). Nello stesso periodo, la ricchezza netta delle famiglie è cresciuta di oltre il 30%, secondo una sua stessa stima prudenziale.Finanza, immobili, terreni, mercati protetti. Questa è la ricchezza degli italiani, a tassazione "agevolata" (nel senso - anche - di una notevole evasione fiscale). A fronte di una reddito netto generato dal lavoro (dipendente) e dalle opere di ingegno tassato alla fonte (assai più tassato e con meno evasione fiscale).
Finanza
Assistiamo da mesi allo sterile balletto di banchieri ed immobiliaristi d'assalto intorno a due banche assolutamente di secondo piano, gravate da inefficenze ataviche (sono cliente di una delle due!), mentre le authority preposte al controllo sono più spesso giocatori che arbitri. Il nostro sistema bancario, anche con gli ingressi di operatori spagnoli o olandesi, rimane ben oltre il 25.o posto nella graduatoria internazionale dell'efficenza dei servizi finanziari. Nelle nostre imprese, il dilagare della generazione "bocconiana" (e suoi cloni) rende arte la manipolazione dei bilanci, creando gruppi "industriali" gestiti da holding assomiglianti sempre più a grossi studi di commercialisti e fiscalisti, che a centri motori della visione industriale. Visione industriale uccisa o resa moribonda dalla loro economia di carta. Dov'erano gli industriali italiani negli anni '90? Era il periodo nel quale loro hanno cominciato a disinvestire progressivamente nella ricerca. Pensateci: il massimo dell'innovazione italica degli ultimi 10 anni sono state le scarpe con i pallini (Tod's) e le scarpe con i buchi (Geox)!
Immobili, terreni
Il risparmio è in fuga dai signori della finanza. E anche grazie alla bolla speculativa
anni '90 e scandali finanziari successivi (Cirio, Parmalat, bond
argentini, crisi Fiat, ecc.). Oltre il 40% del risparmio delle famiglie
è oggi destinato a immobili e terreni. Una massa enorme di risorse
finanziarie assolutamente improduttive, il mattone come difesa del
proprio indolente benessere. Ignoranti prima nell'acquistare qualsiasi
"pacco" dagli operatori finanziari, ignoranti oggi nel difendere i
propri risparmi, gli italiani investono su uno dei più malconci patrimoni
immobiliari d'Europa.
Mercati protetti
Nonostante le numerose privatizzazioni intraprese dai due schieramenti di governo succedutisi dal '94 ad oggi, gli operatori ex-monopolisti godono ancora della posizione dominante. Nei settori più delicati per lo sviluppo economico innescato dallo sviluppo tecnologico, per es. telecomunicazioni ed energia, Telecom Italia ed Enel abusano ancora delle loro posizioni dominanti sul mercato sotto gli occhi pietosi delle costose authority di vigilanza. E quand'anche quest'ultime intervengano, esiste sempre un Tribunale Amministrativo Regionale pronto a ristabilire la "legalità": vedasi il recentissimo caso tra Telecom Italia e l'Authority Anti-Trust, la quale aveva comminato salate multe alla prima per abuso di posizione dominante sul mercato dei grandi clienti dei servizi voce, ma il TAR del Lazio ha accolto il ricorso di Telecom annullando le multe. Tra l'altro vorrei che qualcuno ci spiegasse perchè a dirigere queste authority vengano sempre chiamati eminenti giuristi (per es. Corrado Calabrò, ex presidente del TAR del Lazio - sic - all'Authority per le Comunicazioni) anzichè figure professionali di estrazione industriale. Regolamentare la concorrenza ed intervenire in un settore industriale chiave è una questione - con tutto il rispetto - da "azzeccagarbugli"?
Una proposta
Tornando al tema trattato da Geminello Alvi, occorre riportare al centro dell'attenzione nazionale il lavoro. Inteso non solamente come "occupazione", ma soprattutto come contributo dell'ingegno degli italiani alla crescita del paese, come visione e cultura industriale, dove la finanza sia solamente il mezzo per assicurare le risorse finanziare per la crescita e la riconversione della nostra economia.
Alvi adombra una possibile maggiore tassazione dei patrimoni (come Bertinotti)?
Non credo. Penso sia invece necessario reimmettere nel circolo virtuoso degli investimenti produttivi i nostri risparmi consolidatisi in patrimonio. Sono anni che penso ad un intervento di politica industriale (e fiscale-finanziaria) centrato sulla de-fiscalizzazione degli investimenti in nuove tecnologie, capaci di creare nuove imprese, nuovi servizi, modernizzazione della burocrazia pubblica, ricerca e innovazione nei parchi tecnologici tra Università e industria. Chi investe in questi settori per, poniamo tre anni, non paga le tasse sul capitale investito e sui ritorni dagli investimenti.
Ora che abbiamo de-fiscalizzato gli investimenti nei Beni Culturali, è arrivato il momento di incentivare gli investimenti nei Beni Industriali.
Geminello Alvi, Corriere della Sera, 23.05.2005, "Premiare il lavoro non i patrimoni": qui il file PDF.
ecco cosa succede quando la democrazia è gestita dagli amici di Piero e Fausto:
http://uncas.splinder.com/post/4881966#comment
Scritto da: uncas | 29 maggio 2005 a 09:45