Per motivi professionali, e non solo, è da un pò di tempo che sostengo che gli operatori di telecomunicazioni o lo Stato (che a loro "concede" l'utilizzo del territorio e dell'etere) debbano fare un salto di qualità nel modello di sviluppo delle reti a banda larga. Abbiamo, come operatori "in concessione", un dovere assai strategico da assolvere: sviluppare un potente sistema di accesso ai nuovi servizi che l'economia della rete sta progressivamente mettendo a disposizione. Considerata la crisi strutturale della nostra economia, questo è un fattore chiave di sviluppo della nostra società per i prossimi anni, sul quale i soggetti pubblici devono intervenire senza altri ritardi o tentennamenti. Gli strumenti tecnologici sono già pronti, le leve finanziarie possono essere impiegate coinvolgendo anche i soggetti privati utilizzando, per esempio, l'incentivo della de-fiscalizzazione: perchè limitare ai soli beni culturali questi strumenti di leva fiscale, e non estenderli invece a tutti i nuovi investimenti che si realizzeranno in reti o nuove tecnologie di accesso? Abbiamo comunque già tutte le armi, manca solo la "visione". Questa:
"(...) abbiamo bisogno di immaginare l'accesso ad Internet proprio come un'altra utility, come l'elettricità o l'acqua (...)",
come riferisce dalla contea di Hermiston nell'Oregon, USA, un giornalista nell'articolo qui sotto citato.
Senza dilungarmi oltre, vi segnalo questi due articoli:
1. Un'area rurale dell'Oregon, di circa 600 miglia quadrate (!) viene cablata dalla pubblica amministrazione per consentire l'accesso alla rete in banda larga im modalità senza fili: ne parla The New York Times qui (occorre essere registrati);
2. e qui un esteso commento di Macity, in italiano.