Secondo
i risultati di una ricerca commissionata da uno studio legale inglese,
il 70% degli impiegati che lasciano un'azienda per un altro lavoro
sottrae dati "sensibili" di proprietà dell'azienda che lasciano.
Oggetto di maggiore interesse risultano essere le rubriche di email, i
database dei clienti, le proposte commerciali e le presentazioni. La
maggioranza degli intervistati ha dichiarato di aver utilizzato l'email
per far "uscire" i dati su un proprio indirizzo personale, mentre solo
il 20% ha fatto copia su un CD.
La maggioranza delle
persone intervistate non ha dimostrato particolare preoccupazioni
"etiche" per la sottrazione dei dati: soprattutto per chi lavora
nell'area commerciale, la costruzione di un database di clienti, con le
relative azioni commerciali (offerte, presentazioni, progetti, ecc.),
viene considerato un contributo personale in termini di tempo dedicato
e sforzi compiuti tale da giustificare l'appropriazione di informazioni
sentite già come proprie.
Le soluzioni a
disposizione non sono molte: oltre ai filtri sulla posta elettronica
(sulla cui legalità ancora si dibatte) per stoppare materiale
"sensibile" in uscita dall'azienda, non resta che cercare di
sensibilizzare opportunamente i propri dipendenti sugli aspetti
riguardanti la proprietà intellettuale dei dati aziendali.
Personalmente ritengo che
la "sottrazione" di dati come rubriche indirizzi o email (comunque
attinenti alla semplice informazione anagrafica) non sia nè un reato nè
un danno reale per l'azienda: queste sono informazioni ampiamente
disponibili in rete e dal valore estremamente modesto, inoltre è come
se, ai vecchi tempi, un dipendente in partenza dovesse restituire la
propria agenda da tasca con i numeri e indirizzi dei clienti annotati a
penna. Non c'è sostanziale differenza.
Cambia tutto quando la
sottrazione di dati si riferisce ad informazioni sensibili per aspetti
competitivi: per es., mi trasferisco presso un'azienda concorrente con
un database contenente la composizione del portafoglio prodotti, la
scala degli sconti, insomma informazioni che possono procurare danno
all'azienda che lascio. Su questi aspetti le aziende devono prendere le
misure necessarie e far senz'altro firmare una dichiarazione che tuteli
l'azienda e anche l'ex collaboratore dall'astenersi dall'impiego di
informazioni sensibili a fini competitivi.
Piuttosto che impiantare
un laborioso e costoso sistema di controllo della sicurezza, raramente
efficace, conviene prima sensibilizzare i dipendenti e dopo legarli ad
una dichiarazione di responsabilità nel caso si ravvisino e si
dimostrino comportamenti concorrenziali basati su informazioni di
proprietà dell'azienda danneggiata.
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Workplace data theft runs rampant. Many staff are happy to steal key information from the firms they work for, a study has found.
[BBC News | Technology | UK Edition]